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TERRA MATER - Il culto del principio femminile nell'antica Europa

Intorno alla seconda metà del ventesimo secolo si è affermata in Occidente una nuova scuola di studi e ricerche, divenuta essenziale disciplina del pensiero moderno, presente in accademie e università, i cui lavori continuano ad influenzare in modo rilevante le discipline umanistiche, in particolare Storia, Archeologia, Antropologia, Psicologia, Etnologia, Storia delle religioni e Storia della filosofia. Tra i precursori di tali indirizzi va annoverato lo svizzero C. Gustav Jung, psicologo e studioso del mito,il primo a concepire un modo strutturato di interpretazione del materiale mitico e mitologico,al fine di utilizzarlo per nuovi modelli cognitivi, utili a comprendere l'essere umano e il suo mondo.

Altre importanti figure hanno affiancato Jung, tra le principali l'ungherese Caroly Kerényi, il rumeno Mircea Eliade, gli inglesi M. Esther Harding e, in ambito mitostorico e letterario, Robert Graves.

Uno dei temi centrali emerso da queste ricerche riguarda la scoperta di una millenaria e obliata fase storica del nostro passato , segnata dalla presenza di civiltà "matrifocali", civiltà dove il principio femminile fu al centro di culti e culture per un lungo periodo di tempo che, iniziato nel Paleolitico, trovò la sua decadenza nell'età del Bronzo. A dare il definitivo crisma dell'ufficialità accademica a questi studi è stata un'archeologa lituana da poco scomparsa, Marija Gimbutas, il cui indirizzo di ricerche interdisciplinari continua in vari ambiti del mondo culturale moderno.

Il lavoro svolto dalla Gimbutas ha valore epocale, poichè permette di ridefinire il quadro storico del nostro passato e i modelli culturali e religiosi che lo determinarono, in primis il modello archetipico di una Grande Dea della terra, la madre terra,esplicita forma simbolica del principio femminile creatore e divino le cui rappresentanti, le donne, ne furono le prime interpreti e adepte.

Riassumiamo sinteticamente alcune delle principali conclusioni a cui hanno portato i lavori e le ricerche degli autori precedentemente citati.

Carl Gustav Jung (1875-1961) studiò approfonditamente miti e simboli della
psiche umana, analizzando il vasto materiale reperibile in varie tradizioni del passato, con particolare attenzione alla tradizione ermetica degli alchimisti medioevali. Nei suoi due libri sull'ermetismo, "Psicologia e alchimia"(1944) e "La psicologia del transfert" (1946), Jung mette a fuoco alcuni punti fondamentali. Secondo lo psicologo svizzero , l'alchimia fu essenzialmente un tipo di "processo di individuazione" dell'essere umano, praticato dai "filosofi" dell'ermetismo medioevale che chiamarono tale processo "La Grande Opera". Questo fu il supremo compito riservato al vero uomo di conoscenza (e di fede); l'obiettivo finale, al pari della psicologia junghiana, concerneva la realizzazione del "Sè",autentico e recondito centro della psiche umana.
La realizzazione della Grande Opera alchemica era imperniata sulla congiunzione degli opposti "coniunctio oppositorum" ovvero sul principio di integrazione di elementi opposti e complementari: luce e tenebra, maschile e femminile, acqua e fuoco ecc... Tale unione, e più in generale il concetto stesso di integrazione degli opposti, fu il vero fine delle operazioni alchemiche ed ermetiche.
Da tali premesse Jung elaborò un concetto di "anima", femminile, contrapposto all' "animus", maschile. La visione junghiana dell'anima portò alla definizione di un principio femminile considerato sotto nuova luce, rivelatore di valenze e scenari del tutto nuovi. Il principio "Femineo Eterno" (così lo chiamò Goethe nel Faust) fu per i saggi della tradizione ermetica il centro focale della vita, del culto e della cultura. Il tema venne sviluppato da una delle principali allieve di Jung, la dottoressa M. Esther Harding, che pubblicò varie opere, tra cui "I misteri della donna" (Woman's mysteries, 1971). Fu l'ungherese Caroly Kerényi ( 1897- 1973), anche lui collaboratore di Jung, a sviluppare una preziosa ricerca sul senso intrinseco degli antichi miti, dedicando al principio femminile alcune opere, tra cui "Figlie del Sole" (Tochter der Sonne, 1944) e, assieme a Jung, "Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia" (Einfurung in das Wesen der Mythologie, 1940-1941) dove sono studiati gli archetipi del Fanciullo divino e della Fanciulla divina (Kore).

Da tutti questi lavori emersero nuovi stimoli e nuove prospettive, tra i quali è da segnalare l'enciclopedico lavoro di Robert Graves (1885-1985), in particolare "La Dea Bianca"(The White Goddess, 1948), incentrato sull'antica civiltà celtica e i suoi rapporti con quella Mediterranea, con la tradizione ebraica, la cristiana e, in sintesi, riscoprendo il culto di una Grande Dea in tutta l'antica Europa.
A livello prettamente accademico la tematica del principio femminile nelle civiltà premoderne fu sviluppata dal fondatore della prima cattedra di Storia delle Religioni (Chicago,1957), il rumeno Mircea Eliade. Per primo, egli propose un'esauriente e chiara interpretazione delle antiche religioni e cosmologie, comprese quelle matriarcali.

In tempi più vicini, l'archeologa lituana Marija Gimbutas (1921-1994) Ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca di testimonianze archeologiche sull'antico culto di una Grande Dea della terra, riuscendo a datare e a definire i tempi e i luoghi del primordiale culto. Grazie ai nuovi dati archeologici, le iniziali ricerche di Jung, di Graves e degli altri, sono oggi suffragate da prove concrete, tangibili e materiali, che confermano l'esistenza di una longeva civiltà matrifocale nell'antica Europa, tesi che fino a pochi decenni fa era ancora considerata ipotetica e marginale.

L'origine del culto matrifocale viene fatto risalire dalla Gimbutas all'età paleolitica, dunque ai primordi della civiltà umana. Il dato è degno della massima attenzione, in quanto permette di definire la prima e la più longeva fase cultuale e culturale del passato dell'umanità . A medesime conclusioni sembrano portare varie ricerche effettuate nei continenti extraeuropei, così da potersi parlare di un vero "primato" del principio femminile alle origini della storia umana.
Riportiamo un passo della Gimbutas dove viene data una definizione di civiltà matrifocale: "Cultura caratterizzata da un dominio della donna nella società e dal culto di una dea che incarna il principio creativo come Fonte e Dispensatrice di tutto". Si tratta di una cultura "pre-indoeuropea .....matrifocale e probabilmente matrilineare, agricola e sedentaria, egualitari a e pacifica. In netto contrasto con la successiva cultura proto-indoeuropea, patriarcale, stratificata, dedita alla pastorizia, nomade e bellicosa, instauratasi in tutta Europa, eccettuate alcune aree a sud e a ovest, durante tre ondate di invasioni dalle steppe russe, tra il 4500 e il 2500 a.C.".
A conferma di quanto affermato, la Gimbutas ha pubblicato i disegni, le foto e la catalogazione di un innumerevole quantità di reperti archeologici che attestano l'antico culto. La Gimbutas scrive che: "Circa 20.000 piccole sculture (della Dea) in argilla, marmo, osso, rame o oro sono oggi conosciute, da un totale di circa 3.000 siti del Neolitico e del Calcolitico dell'Europa sud-orientale". L'area presa in esame dalla Gimbutas è compresa tra: Italia centro-meridionale, Grecia, Balcani e area danubiana, Creta, Mar Egeo, Anatolia e sponde occidentali del Mar Nero. L'epoca di sviluppo di una civiltà matrifocale in quest'area è fissata intorno al VIII millennio a.C.. Stessa data gli storici assegnano all'inizio della "rivoluzione neolitica". E ancora: stessa data che i ritrovamenti di ambra permettono di attribuire all'inizio della navigazione sui mari.
L'inizio dell'era del Bronzo (2000 a.C. circa) viene fatta corrispondere dalla Gimbutas alla fase di decadenza delle antiche civiltà matrifocali. Fine e decadenza che i grandi cantori epici del passato, Omero e Virgilio, celebrarono nei loro poemi sulla caduta di Troia e sui viaggi nel Mediterraneo compiuti da eroi greci e troiani (Ulisse, Enea) alla ricerca di nuove terre. La storia e il mito di Troia sono in assonanza con avvenimenti decisivi e cruciali dell'età del Bronzo finale (1200 a.C. circa): la caduta dell'ultimo baluardo della Grande Dea, Ilio o Troia, fu causata da invasori indoeuropei, i "nuovi Greci", forse i Dori, gli Achei o altri popoli patriarcali scesi da est nelle terre mediterranee.

Nonostante il lento decadere ed estinguersi delle civiltà matrifocali, forme e archetipi del principio femminile continuarono a trovare espressione e, in non pochi casi, a riemergere significativamente in fasi cruciali della storia umana. Il culto di una Grande Dea sopravvisse nei secoli sotto varie forme presso tutte le maggiori civiltà europee. In Italia, con la civiltà etrusca (X secolo - I d.C.) la Grande Dea e il suo culto furono al centro della vita religiosa e sociale per molti secoli. Il culto patriarcale si instaurò soprattutto in seguito all'espandersi della civiltà romana e di quella ateniese, arrivando infine la Chiesa cristiana a promuovere una lunga e sanguinosa repressione contro la "vecchia religione", destinandola a una sempre più estrema clandestinità e illegalità.
L'impatto tra Cristianesimo e mondo "pagano" (dove ancora sussisteva il culto della Dea) fu meno violento nel mondo celtico. Ne è prova il sopravvivere di tradizioni relative a importanti figure femminili di età medioevale (come Guinevere e Morgana ) la cui vera identità rimanda ad antiche divinità del pantheon celtico, Gwenddydd e Morrigan.
Nell'antico Egitto il culto di Iside fu perpetuato nei secoli da celebri regine, Nefertiti e Cleopatra le più note. Ad Alessandria d'Egitto, in quella che fu la più importante Biblioteca del mondo antico, furono depositati i testi del "Corpus Hermeticum", vero tesoro di conoscenze ermetiche e cosmologiche dove il primordiale simbolismo del principio femminile era conservato nella sua forma originaria. Il Corpus Hermeticum fu tradotto a Firenze nel 1463 da Marsilio Ficino, per conto di Cosimo de' Medici.
Molti templi e sacrari della Grande Dea, una volta sconsacrati o interdetti , divennero in seguito importanti luoghi di culto della cristianità. Dalle ricerche archeologiche risulta che Lourdes, Fatima e molti altri luoghi delle apparizioni Mariane, furono già luoghi sacri in epoca preistorica. Chiese dedicate alla Madonna, sorte su siti pagani (greci, etruschi, celtici...), sono numerosissime. La sovrapposizione di templi di diverse religioni dimostra anche che il culto cristiano della Madonna e il suo peculiare simbolismo fu sovrapposto intenzionalmente su quello di una grande dea pagana, spesso conservandone alcuni tipici aspetti naturalistici (Madonna del Bosco, della Fonte, delle Rocce, dei Serpenti, delle Formiche ecc.).

Ad Efeso, nell'attuale Turchia, davanti al tempio della dea Artemide si trova un edificio che la tradizione indica come "Casa della Madonna". L'edificio, sorto accanto ad acque sorgive ritenute curative, fu in parte costruito con le pietre prelevate dal vicino tempio di Artemide. Secondo la tradizione, dopo la crocifissione di Gesù, Maria venne a vivere ad Efeso in questa casa, davanti al celebre santuario dell'Artemide Efesina dove, già in quei tempi, esisteva la venerata sorgente, meta di pellegrinaggi, visibile ancora oggi.

Nel Perù, dopo la conquista spagnola, il culto andino-incaico della madre-terra (la Pachamama) fu integrato a quello della Madonna cristiana, così che oggi ambedue le figure divine sono venerate dalla popolazione di lingua quechua.

Il culto di una grande dea ha tra le sue terre d'elezione l'India.
Qui sopravvivono tradizioni antichissime, incentrate sul culto di vari aspetti del femminile, venerato nelle figure di Lakshmi, Parvati, Durga e altre dée del pantheon hindu.
Secondo la tradizione riportata nei Veda, i libri sacri dell'hinduismo, la nostra epoca corrisponde al Kali yuga, era governata dalla dea Kali, ovvero il principio femminile nel suo aspetto distruttivo. La fine di quest'era, tormentata e afflitta dai demoni dell'egoismo non più sotto controllo, coinciderà con l'inizio di un nuovo ciclo stoico.
Nei Veda è scritto che la dea Kali, al termine del suo ciclo storico, sfogherà contro la terra tutto il suo potere distruttivo. Contemporaneamente il suo divino compagno, Shiva, dormirà in un fatale estraniamento dalla vita. Ma, nel momento in cui il dio si risveglierà, la dea cesserà la sua danza di morte e distruzione e si riunirà a lui. Avrà allora inizio una nuova fase evolutiva, per tutte le creature viventi, all'insegna della pace e dell'armonia. Dal mito vedico risulta l'ambivalenza della dea. Possiede aspetti creativi e distruttivi allo stesso tempo. E' anche evidente che la pace e l'armonia dipendono dall'unione di Shiva e di Kali ( coniunctio oppositorum ).

Nelle antiche concezioni misteriosofiche la dea era la stessa terra. Monti, fiumi, caverne, laghi e boschi erano i luoghi sacri del suo corpo fisico, i suoi centri vitali. Il potere della dea , genitrice e creatrice universale, si manifestava ovunque, sotto mille nomi e forme diverse ma, come scrisse Apuleio, "unica è la sua essenza".
In tale antica cosmovisione il mondo manifestato, della vita e del divenire, quindi tutto il creato, ricade sotto la tutela del principio femminile. Il mondo invisibile delle essenze, al di là delle forme manifeste, è invece sotto la tutela del principio maschile. Nelle civiltà matrifocali, se al principio femminile spettava un ruolo centrale, quello maschile non era però escluso o sottostimato.

In ultima analisi era la "coppia" e la sua armonica interazione ad essere centrale e fondante. Analogamente ,nella congiunzione degli opposti della tradizione ermetica, i due principi, maschile e femminile, congiunti secondo arte e conoscenza, indicavano la via per risolvere armoniosamente conflittualità e opposizioni. Tale via può essere riscoperta e rivalutata oggi, epoca di catastrofici conflitti globali, alimentati da primitive ideologie e dalla rigidità di paranoici fondamentalismi.
Kali e Shiva, archetipi divini, possono ricostituire l'ordine cosmico. Il ruolo degli esseri umani, nel propiziare questo matrimonio del Cielo e della Terra, è fondamentale. La posta in gioco è il futuro della vita.

APPENDICE
Quadro cronologico delle civiltà matrifocali dell'antica Europa


7000 a.C. Area matrifocale: Grecia, Yugoslavia, Balcani, Egeo, Creta, Italia centro-meridionale, Anatolia, mar Nero occidentale

6000 a.C. Neolitico, era megalitica: la pietra e la sua lavorazione quali elementi del culto della terra

5500 a.C. Calcolitico: apice delle civiltà matrifocali

4500 a.C. Prime invasioni da est di popoli seminomadi e patriarcali

3000 a.C. Stonehenge (I fase): piramide di Giza, Misteri di Iside, Sumer, alfabeto cuneiforme , culto di Ishtar

2500 a.C. Civiltà minoica, culto di Arianna, Pasife e il dio-toro

2000 a.C. età del bronzo : invasioni indoeuropee nel bacino mediterraneo

1450 a.C. fine della civiltà minoica

1250 a.C. Invasioni indoeuropee (Dori, Achei)

1200 a.C. Caduta di Troia

1100 a.C. Grande migrazione tirrenica: gli Etrusco-Tirreni portano nel centro-Italia il culto di una grande dea e del dio-toro

VI sec. a.C. Nascita della Repubblica Romana e inizio della decadenza etrusca. Ascesa del culto patriarcale di Giove in Roma e di Zeus ad Atene. E' anche di quest'epoca la prima compilazione scritta del Vecchio Testamento, libro sacro del patriarcale Ihawhe.

Giovanni Feo



(Articolo pubblicato nel nr. 81 di "Hera")
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